Michela Giraud utilizza la propria vita come tela su cui dipingere una storia più ampia, parlando di temi delicati con autenticità e tatto.
Nel panorama cinematografico italiano, ogni tanto si fanno strada opere che stupiscono il pubblico e sembrano rendere più sottile il confine tra la finzione e la realtà personale di chi la crea. “Flaminia”, il primo lungometraggio diretto da Michela Giraud, promette di essere uno di questi film. La comica si è cimentata nella regia di un progetto molto particolare, che a giudicare da quanto dicono critici e giornalisti, avrebbe molti tratti autobiografici. La verità, però, è un po’ più complessa.
Giraud, già conosciuta al pubblico per la sua comicità e per la partecipazione a diversi programmi televisivi, si lancia questa volta in quella che può essere definita l’opera più impegnata della sua carriera. In un’era dove l’immagine pubblica è spesso la parte più importante della vita delle persone, Michela Giraud decide di scardinare le porte del suo mondo interiore e offre agli spettatori un’opera di intrattenimento che è in realtà un viaggio nel profondo della sua esperienza umana.
Realtà o finzione? Michela Giraud ci racconta uno spaccato di vita familiare dal valore universale
Flaminia De Angelis è un personaggio che porta con sé il peso dell’eleganza e delle aspettative di una famiglia borghese di Roma Nord. La pellicola segue la sua storia, dai corridoi universitari fino ai salotti romani fatti di apparenza e convenienze sociali. Il cuore pulsante del film si nasconde però nelle crepe di questa realtà solo apparentemente perfetta, dove la vita di Flaminia e quella della sua sorellastra autistica, Ludovica, si intrecciano in un inatteso viaggio emotivo.
Flaminia si trova sull’orlo di un matrimonio di convenienza con Alberto, rampollo di una famiglia altrettanto illustre ma in declino finanziario. La storia prende una piega inattesa quando, a pochi giorni dal matrimonio che dovrebbe consolidare il suo futuro, la vita ordinata di Flaminia viene scossa dall’arrivo improvviso della sorellastra Ludovica. Diversa da lei in ogni modo, Ludovica è una trentenne con autismo, fuggita dall’istituto in cui era stata relegata per tornare alla casa di famiglia. Questo ritorno inaspettato scardina le fondamenta dell’esistenza apparentemente impeccabile di Flaminia, costringendola ad affrontare la realtà nascosta dietro la facciata di una vita borghese.
Giraud infonde nelle immagini la propria esperienza personale con sua sorella, che vive nello spettro autistico anche nella realtà quotidiana. L’attrice racconta le sfide che tale condizione porta nella vita quotidiana ma ha dichiarato, in diverse interviste precedenti all’uscita del film, la sua volontà di non rivelare quali delle scene di “Flaminia” siano tratti direttamente dalla sua vita e quali siano invece finzione.
“Non dirò se certe scene sono successe davvero. A essere autentici sono il dolore e l’intensità della relazione tra due sorelle distanti ma vicine. Nemmeno racconterò gli episodi più complicati del rapporto con Cristina, e ce ne sono“, ha dichiarato sulle pagine di Vanity Fair. Il film è già in tutte le sale.